Giovanni Voltini

Ultima modifica 2 settembre 2024

Nato a Roccabianca nel 1875, dimostra fin da ragazzo una particolare predisposizione per il disegno. Frequenta l'Accademia di Belle Arti di Parma dal 1896 e completa la formazione artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli nel 1897. A Napoli si inserisce attivamente all'interno del mondo studentesco e accademico, frequentando il pittore Michele Cammarano che lo incoraggia e lo appoggia, ottenendo anche alcuni riconoscimenti. Sconfitto al concorso per il Pensionato di Roma nel 1900, dopo il servizio militare, nel 1903 emigra a Montevideo, per poi trasferirsi nel 1904 a Buenos Aires, dove incontra lo scenografo parmense Giuseppe Carmignani che lo introduce nel mondo della scenografia teatrale. Ritornato in Italia nel 1910 avvilito e senza commesse, è chiamato a Parma dal Carmignani a collaborare alla realizzazione delle scenografie delle opere "Aida" e "Un ballo in maschera", allestite per le celebrazioni centenarie di Giuseppe Verdi. Dopo l'esperienza della guerra, ottiene, grazie all'appoggio di Agostino Berenini, allora deputato, l'incarico di responsabile dell'agenzia di Roccabianca della Cassa di Risparmio dal 1920 al 1934. Ormai sfiduciato, scontento di se stesso, rinuncia ad ogni velleità artistica. Dipinge saltuariamente qualche quadro per non rinunciare completamente all'illusione di essere un pittore. Di carattere timido e solitario non riesce a lavorare in tranquillità ed è continuamente insoddisfatto della sua opera. Nel 1937 si reca a Napoli in occasione dell'Esposizione d'arte per incontrare i vecchi compagni d'accademia Lenci, pittore animaliere di successo, e Passano, specializzato in interni e nature morte, senza che i contatti ristabiliti lo entusiasmino. Ritornato a Roccabianca attrezza un piccolo studio nella sua casa, cambiando spesso stanza di lavoro alla ricerca delle migliori condizioni di luce. Di ideali socialisti, amico di Giovanni Faraboli, nel dopoguerra è impegnato nella vita politica locale come amministratore. Ancorato ad un fare pittorico saldamente legato all'Ottocento, cerca tuttavia di scoprire soluzioni nuove, in linea con le idee e i tempi che cambiavano con il nuovo secolo. Mosso con entusiasmo verso le grandi composizioni pittoriche, in parallelo con una vita che non lo soddisfa, si dedica al paesaggio locale e di montagna come forma di disimpegno. La scuola napoletana lo affascina per le tematiche pseudo- romantiche della storia sacra e profana, della mitologia e di tutto quanto è legato a un passato irripetibile. In opere come "San Paolo davanti ad Agrippa", il "Giuramento di Pontida", "Farinata degli Uberti" e il "San Pietro" si è di fronte ad un'arte idealizzata, volutamente fuori dal tempo, in bilico tra spirito, inteso come fede religiosa, e ricostruzione storica.


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