Remo Gaibazzi

Ultima modifica 2 settembre 2024

Remo Gaibazzi, caricaturista e pittore, nasce a Stagno di Roccabianca il 29 dicembre 1915, da famiglia contadina. La presenza del cognome Gaibazzi a Roccabianca è registrata dall’Estimo del Sale già dal 1461, quando il paese di chiama ancora Arzenoldo. A Stagno Remo Gaibazzi trascorre i primi anni dell’infanzia, spostandosi poi con la famiglia, prima a Collecchio, nel 1923, e successivamente a San Pancrazio, per stabilirsi definitivamente a Parma nel 1937. Frequenta per alcuni anni l’Istituto Magistrale, senza conseguire il diploma, preferendo agli studi l’avventura del mondo dell’arte. Assecondando il proprio talento grafico, inizia a proporre caricature: risalgono al 1935 i primi numeri unici in cui compaiono suoi disegni. Continuerà questa attività collaborando ad una trentina di giornali umoristici locali e con la “Gazzetta di Parma” (con la quale inizierà una collaborazione ventennale), trovandosi per un periodo a collaborare anche con Giovannino Guareschi. Per Gaibazzi arriva nel frattempo l’esperienza del militare e la partecipazione al secondo conflitto mondiale, sui fronti d’Albania e di Grecia, dove viene fatto prigioniero e deportato in Germania. Nel dopoguerra, il ritorno alla vita civile e all’attività creativa è per Gaibazzi inevitabilmente segnato dalla drammatica esperienza bellica: ne risente la stessa espressività dell’artista, che alla produzione umoristica da vignettista e da caricaturista di personaggi locali o internazionali affianca ora un più ampio impegno pittorico, allargando i propri temi ad una riflessione disincantata ed amara riguardo le dure condizioni di vita della “parte perdente” dell’umanità. La svolta avviene nell’ambito della corrente neorealista, ma Gaibazzi sa percorrere anche strade tecniche ed espressive originali, ricevendo il plauso della critica, che lo sprona a realizzare la sua prima mostra personale, nel 1955. Negli anni ’60 l’artista ha modo d’avvicinare nuovi linguaggi pittorici e di approfondire la complessità delle proprie tematiche. Influenzato dall’espressionismo di Francis Bacon, da una parte si concentra sullo studio della figura umana, mentre per altri versi, uno dei suoi soggetti preferiti diventa l’ambiente urbano, con la sua cupezza spesso estranea, se non addirittura ostile all’uomo. Con la personale del 1966 Gaibazzi si avvicina alla neoavanguardia. La scoperta della Pop Art, sul finire degli anni ’60, segna un altro momento evolutivo dell’esperienza artistica di Gaibazzi, che lo porterà ad abbandonare gradualmente la dimensione figurativa e ad aderire alla sperimentazione tecnica e tematica, con un’attenzione particolare verso i più attuali sviluppi del pensiero filosofico (Barthes, Derrida, Sollers). L’Università di Parma gli dedica una mostra nel 1970, curata da Arturo Carlo Quintavalle e allestita nel Palazzo della Pilotta. L’influenza Pop si fa intanto sempre più presente nella produzione di Gaibazzi che, oltre ad affrontare con più decisione lo studio del colore, sperimenta nelle sue opere anche l’introduzione di oggetti di consumo tratti dalla quotidianità. Nell’ultimo periodo della sua vita, pur abbandonando quasi completamente la rappresentazione della realtà, Gaibazzi mantiene vivo anche l’interesse per la figura urbana, traendo spesso spunto da famosi monumenti ed edifici parmigiani, che diventano soggetti della sua personale rielaborazione poetica e visiva. L’artista muore a Parma il 25 luglio 1994. Negli ultimi anni, Parma gli dedica due importanti mostre postume: una nel 1996, curata dal CSAC dell'Università di Parma, e una nel 2002, intitolata “La città di Gaibazzi”, organizzata dall’Associazione Remo Gaibazzi col sostegno del Comune di Parma.


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