Luigi Marchesi

Ultima modifica 2 settembre 2024

Figlio di un maestro elementare delle scuole di Fontanelle, si trasferisce a Parma ed entra all'Accademia di Belle Arti nel 1837, frequentando la Scuola di Paese retta da Giuseppe Boccaccio. Nel 1845 partecipa all'esposizione di Milano con l'opera "Interno di sagrestia" che rivela la sua predilezione per la poetica degli interni e il distacco dal vedutismo romantico alla maniera del suo maestro Boccaccio. Completa la sua formazione accademica nel 1850-52 all'Accademia di Francia a Roma grazie all'appoggio di Paolo Toschi, guida costante e interlocutore privilegiato durante tutto il suo percorso formativo. A Roma perfeziona la tendenza alla rappresentazione degli interni, interpretati in chiave descrittiva e con acuta sensibilità luministica. Il soggiorno romano cade nel pieno della ricerca espressiva e dello sviluppo stilistico di Marchesi, desideroso di affacciarsi alla ribalta internazionale dell'arte e di valorizzare con nuove esperienze la sua preparazione tecnica di tipo accademico. Aderisce con sempre maggiore insistenza alla poetica degli interni, come si evince anche dai saggi pittorici inviati a Parma nel periodo del pensionato, quali il "Portico gotico di San Giovanni in Laterano", "Interno di Santa Maria del Popolo" e "Foro Romano", composti con studiata abilità scenografica e inclini ad evocare sentimenti sublimi. Nel 1852 al rientro dall'esperienza romana subentra al Boccaccio nella cattedra di Paesaggio all'Accademia di Belle Arti di Parma. Negli anni successivi Marchesi realizza opere caratterizzate da una poetica intensa e malinconica, con vedute dei vecchi borghi di Parma e soggetti conventuali, raffigurati con una sensibilità cromatica e luministica. Partecipa ai concorsi annuali della Società Promotrice delle Belle Arti di Parma, Milano, Torino, Genova e Firenze con buona risposta di critica e di pubblico, a dimostrazione di come ormai la sua fama si vada consolidando anche fuori dai confini del ducato. Gli interni del "Duomo di Parma" e della "Sagrestia di San  Giovanni" valgono finalmente il riconoscimento nazionale nelle esposizioni di Milano del 1856 e di Firenze del 1861, celebrativa dell'unità nazionale. Nella città toscana partecipa alle ricerche chiaroscurali dei macchiaioli e dei coloristi, e nell'opera "Chiostro del soppresso monastero di San Quintino", in cui la luce naturale pulviscolare inonda il cortile, l'autore non perde la consueta delicatezza e trasparenza pittorica, in una raffinata equilibrata mediazione tra gli stilemi del vedutismo romantico accademico e le soluzioni del moderno realismo promosse dai macchiaioli. Muore di tisi nel 1862, anno in cui alcuni dei suoi più celebri interni sono selezionati per l'Esposizione Universale di Londra.


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